Divieto del governo sulla cannabis light: cosa comporta
Nuova stretta del governo sulla cannabis light. Il governo, con un emendamento al disegno di legge sulla sicurezza approvato lo scorso novembre, ha proposto di vietare la coltivazione e il commercio della cosiddetta cannabis light, ossia con quantità di Thc (principio attivo della cannabis) inferiore allo 0,2%.
L’emendamento vieterebbe di fatto la coltivazione e la vendita delle infiorescenze della cannabis light per usi diversi da quelli espressamente indicati nella legge stessa.
Il commercio o la cessione di infiorescenze verrebbe inoltre punito con le norme del Testo Unico sulle Sostanze Stupefacenti, parificando la cannabis light a quella non light.
Scopo dell’emendamento sulla cannabis light
L’obiettivo dell’emendamento è dare un’interpretazione più chiara e restrittiva alla legge del 2016 che aveva consentito a centinaia di aziende agricole italiane di produrre e lavorare la cannabis.
Infatti, negli ultimi dieci anni in Italia il mercato della cannabis light si è sviluppato grazie a un vuoto legislativo lasciato dalla legge 242 del 2 dicembre 2016, che regolò la coltivazione della canapa per fini industriali.
L’articolo 2 della sopracitata legge permette a chiunque di coltivare cannabis senza autorizzazione se i prodotti sono idonei alla produzione di alimenti e cosmetici, di materiale destinato alla bioedilizia, all’attività didattica o alla ricerca, alla bonifica di siti inquinati e al florovivaismo.
La legge però non fa nessun esplicito riferimento al consumo per uso ludico ricreativo, permettendo così di coltivarla anche a questo scopo, senza avere alcun tipo di conseguenza legale.
Le conseguenze del divieto
Oltre a compromettere l’intero settore della coltivazione, il divieto di produzione di tutti i prodotti che contengono le infiorescenze limiterebbe molto le attività delle aziende che producono oli di cannabidiolo, altro principio attivo della cannabis utilizzato per il suo effetto calmante.
Ciò comporterebbe la potenziale perdita di lavoro per un totale di circa 10.000 lavoratori, suddivisi tra le 800 aziende agricole che la coltivano oltre a 1.500 ditte specializzate nella sua trasformazione.
Le parole di Beppe Croce, presidente di Federcanapa
Esprime le sue preoccupazioni il presidente di Federcanapa Beppe Croce:
“Questa modifica bloccherebbe un intero comparto di aziende che si è molto sviluppato negli ultimi anni…Molte aziende che estraggono olio di CBD hanno fatto investimenti significativi negli ultimi anni, che sarebbero vanificati da questo divieto”
Di Luca Vece