Cosa c’è davvero dietro ai Mondiali in Qatar?

Mondiali in Qatar 2022

Domenica 20 Novembre 2022 sono iniziati ufficialmente i Mondiali di calcio 2022 in Qatar. Ma cosa c’è dietro ai tanto attesi Mondiali?

Le problematiche del Qatar

Il Qatar è il Paese più piccolo che abbia mai ospitato un Mondiale, e con i suoi circa 3 milioni di abitanti è anche uno dei meno popolosi. Non solo, a causa del clima desertico d’estate si raggiungono facilmente i 45 gradi, ed è per questo motivo che per la prima volta nella storia il torneo non è stato svolto né a Maggio, né a Giugno né a Luglio. Per permettere lo svolgimento del campionato del mondo con temperature compatibili con l’attività agonistica e ravvicinata che il calendario della competizione impone, sono stati stravolti tutti i campionati nazionali, costretti a una inusuale sosta autunnale. Non solo. Per rendere il Paese in grado di sostenere la gestione di un evento che attira centinaia di migliaia di turisti e ospitare tutte le partite della competizione, sono stati spesi circa 200 miliardi di dollari. Una cifra dieci volte superiore a quella impiegata dalla Russia per l’edizione precedente. Le risorse sono state necessarie per costruire gli 8 stadi di nuova costruzione che ospiteranno le parti per ristrutturare altri impianti sportivi, realizzare un nuovo aeroporto internazionale, un nuovo sistema di trasporto urbano, chilometri di strade e numerose strutture per l’accoglienza, sia per i tifosi che per le squadre.

Morti bianche

Per realizzare l’ambizioso piano di ammodernamento del Paese in tempi rapidissimi, il Qatar ha fatto affidamento sui circa 2 milioni di lavoratori stranieri presenti nell’emirato, provenienti principalmente da India, Bangladesh, Pakistan, Nepal, Sri Lanka, Filippine e Kenya. Condizioni di lavoro disumane, tangenti da pagare per poter lavorare, vita nel cantiere e fuori dal cantiere senza alcuna tutela: in questi 12 anni decine di associazioni e di testate internazionali hanno sottolineato come lo sforzo per rendere i Mondiali 2022 una vetrina per il Qatar sia ricaduto quasi esclusivamente sulle spalle di operai sfruttati e sottopagati. Secondo l’inchiesta del Guardian, sono 6.500 i migranti lavoratori morti per tirare su stadi, strade ed intere città. Le autorità qatarine hanno contestato questa versione: secondo le stime del Comitato organizzativo, sono 37 gli operai morti, e solo tre di loro sono deceduti per cause direttamente legate al lavoro. Amnesty International ha proposto di stanziare un fondo di 440 milioni di dollari – pari al montepremi messo in palio dalla Fifa da dividere per le Nazioni partecipanti – per indennizzare le famiglie delle vittime, ma il ministero del Lavoro qatarino ha rifiutato.

La violazione dei Diritti Umani

Secondo Amnesty International nell’emirato, dove la svaria è una delle principali fonti del diritto, la libertà d’espressione e di manifestazione sono severamente limitate. Chi critica le autorità rischia di essere arrestato e processato, sulla base di confessioni estorte ,come denunciano alcuni attivisti. A destare particolari preoccupazioni sono le condizioni della donna e le discriminazioni verso la comunità Lgbt+. Fino ai 25 anni, le donne non sono autonome per la maggior parte degli aspetti della vita quotidiana, dalla scelta del partner a quella del lavoro alla possibilità di viaggiare o spostarsi all’estero. Nel codice penale sono considerati un crimine i rapporti omosessuali e le persone transessuali possono essere obbligate a seguire terapie per la conversione come condizione per la loro scarcerazione. Anche su questo punto, Human Rights Watch ha documentato diversi casi di abusi delle forze di polizia qatariota contro la comunità lgbt+. Per questo si sono moltiplicate le iniziative per non far sparire il tema del rispetto dei diritti umani dalla manifestazione sportiva. La Danimarca per contrastare ciò aveva deciso di far indossare ai suoi giocatori, nelle sedute di allenamento, delle magliette con una scritta a favore dei diritti umani, una possibilità poi negata dalla Fifa. Sulle tribune non potranno esserci quindi bandiere arcobaleno.

Le reazioni delle squadre in gara

Varie sono state le squadre che hanno deciso di non restare indifferenti difronte a tali violazioni, tra cui :

I calciatori della Germania e della Norvegia che hanno indossato maglie con la scritta ‘Human Rights’ durante il riscaldamento prima dei rispettivi match delle qualificazioni.

La Danimarca che prima di affrontare la Moldavia (partita vinta 8-0) ha posato per la foto di squadra ‘pre-game’ indossando una maglia rossa con la scritta “Football Supports Change”, “Il calcio supporta il cambiamento”. La Federcalcio danese ha poi fatto sapere, via social, che queste maglie verranno messe all’asta e che il ricavato verrà devoluto ad Amnesty International per aiutare i lavoratori emigrati in Qatar.

I giocatori della Germania hanno inoltre indossato le maglie Human Right, hanno promosso campagne di denuncia contro lo sfruttamento sul lavoro, a favore dei diritti calpestati, si è coperta la bocca per la foto ufficiale prima della partita con il Giappone, un gesto chiaro, collettivo, visibile e inequivocabile; “Non è una presa di posizione politica, i diritti umani non sono negoziabili, devono essere garantiti: negarci la fascia è come toglierci la voce”. Il ministro federale degli interni Nancy Faeser ha invece indossato la fascia arcobaleno in tribuna mentre il vicecancelliere Robert Habeck ha dichiarato: « E’ adesso il momento di manifestare il proprio dissenso verso chi pensa che non siamo tutti uguali».

La Rai e la censura

Tutti gli atti precedentemente descritti non sono stati trasmessi dalla Rai che ha quindi censurato tali azioni.

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