Lascia il liceo a 17 anni: “Disagio fisico e psicologico“

Studente di 17 anni abbandona la scuola con una lettera al preside e agli insegnanti in cui illustra le sue motivazioni.

La lettera del 17enne che ha lasciato la scuola

«Molti insegnanti pensano che un alunno ascolti seriamente solo se è seduto a prendere appunti. Ognuno però possiede metodi diversi che andrebbero valorizzati per permettere un apprendimento migliore. Ho quindi iniziato a vedere nella scuola non un luogo dove viene diffusa la conoscenza e l’obiettivo è la crescita della persona per prepararla al futuro, ma un luogo in cui quello che conta sono le ore, in cui non si considerano le peculiarità ma si mira a uniformare verso la mediocrità.”

Continua la lettera. Queste sono le premesse che hanno portato il ragazzo a maturare l’idea di lasciarla quella scuola così ancorata a metodiche tanto formali quanto anacronistiche. Ma non lo studio, “che mi appassiona e mi porterà a proseguire all’università e al lavoro”.

La lettera si conclude con dei ringraziamenti ed una riflessione. “Ringrazio comunque tutti voi per quest’anno che mi ha permesso di comprendere meglio me stesso e ciò che desidero per il mio futuro”.

Abbandono scolastico, i dati preoccupanti

Torniamo a parlare di abbandono scolastico, i cui dati sono sempre più preoccupanti così come si evince dai numeri resi noti dall’Istat. In Italia, infatti, il problema degli abbandoni precoci è piuttosto consistente specie se paragonato a quello relativo agli altri paesi dell’Unione Europea. In quest’ambito, nel 2021, la nostra Penisola si è aggiudicata il terzo posto con il 12,7% degli abbandoni. In Sicilia, in particolare, il 21,2% dei residenti tra 18 e 24 anni ha lasciato la scuola prima di aver completato gli studi, seguita dalla Puglia (17,6%) e dalla Campania (16,4%). Ma quali sono le motivazioni che stanno alla base di una simile scelta?

Nel caso del 17enne, si tratta di una combinazione di fattori, dallo “studio eccessivamente nozionistico, spesso privo di logica”, al “disagio fisico e psicologico di stare in classe”, dalla “noia legata a lezioni quasi esclusivamente frontali” fino all’imposizione di lezioni spiegate in maniera lontana dal proprio metodo di memorizzazione e ascolto.

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